TI SVEGLIO IO, DOMANI

viaggi raccontati

Uno

Tutto è cominciato con un rifiuto, come spesso accade. Avevo proposto a un personaggio noto, molto noto, di ospitare una mostra di foto, nei suoi importanti spazi. Il primo incontro, incoraggiante, mi aveva spinto a dettagliare meglio la proposta, ad approfondire i temi. Così, avevo cominciato a pensare a come parlare di esperienze di viaggio, fatte da un pool di giornalisti italiani, in molte aree del mondo. Non volevo un reportage, non volevo parlare di posti particolari, non volevo punti di vista monotematici. Per capirci, niente reportage di guerra, niente suggerimenti di viaggi, niente paesaggi spettacolari. Ne avevo discusso con alcuni dei fotografi, e avevo visto un certo disappunto sulle loro facce. La mia idea era offrire microstorie che spiazzassero, almeno un po’. Che mettessero in moto nello spettatore un processo dissociativo, e lo costringessero a ripensare al modo di vedere i luoghi e le situazioni. Per esempio, mettere a confronto una grande piazza di Stoccolma e di Marrakech, mi sembrava un discreto scossone alle idee precostituite. Così come accostare l’ora del tè in Uganda con l’ora del pub a Londra. O, tema ancora più delicato, l’espressione dell’immagine femminile a Salvador de Bahia con quella di signore al museo a Berlino, o di trasportatrici di sale in Senegal, o di spettatrici americane all’ippodromo.

Alla fine, dopo mesi di elaborazione, non se ne fece nulla. Il perché non seppi darlo a me al tempo, e men che meno posso darlo a voi ora.

Avevo anche trovato un titolo che a me piaceva: Storie di geografia. Quel titolo fu ciò che rimase, e che lavorò sottotraccia. Così, mese dopo mese, il progetto di una mostra si trasformò in un libro. Un racconto di quaranta storie mie, nella geografia del mondo.

Coming soon

Come detto in Home, è arrivato. Il giorno e il libro.

Ti sveglio io, domani amazon, ibs

Sì, lo so, il giorno è arrivato per me, non per altri. Un buon giorno, se devo considerare che è il primo dei miei libri autopubblicato. Quest’ultima non è una parolaccia, e nemmeno l’ultima risorsa dei sommersi, dei rifiutati.

Non è stato facile decidersi al selfpublishing, vedete come l’inglese possa dare un tono diverso alla cosa, ma ci sono arrivato. Il perché è complesso, ma cerco di riassumerlo in poche battute. Il sistema editoriale, non solo in Italia evidentemente, sta attraversando una trasformazione, una lunga marcia iniziata forse due-tre decenni fa. Le case editrici, grandi, piccole e medie, vogliono dei fenomeni, per pubblicare. E per fenomeni intendo brand garantiti: personaggi di qualunque genere, purché con il loro quarto d’ora di notorietà. Oppure personaggi sconosciuti, su cui costruire un marketing che funziona, sia mainstream sia estremo. Non ci sono più, o quasi, canali di interscambio tra chi propone e chi sceglie.

L’uomo, però, è un animale che si adatta, più flessibile di un giunco. Le piattaforme di stampa e distribuzione, con il ruolo di facilitatore e aggregatore, offrono una seconda chance ai tanti esclusi. Sì, lo so, detto così sembra uno di quei discorsi qualunquisti che riempiono carta e smartphone. Ma ci sono esempi illustri di scrittori rifiutati e rifiutati, uno per tutti il Nobèl Saramago, e credo sia giusto lasciare che molti continuino a coltivare il loro sogno. Non scoraggiati neppure da numeri ridicoli nella casella delle vendite.

Quindi, questo è un bel giorno, per me.

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