Il titolo

Dei miliardi di titoli di libri, di racconti, di poesie, di canzoni, di arie, di opere, di pièce, di film e di tutto ciò che mette un punto iniziale alla creatività artistica umana, se ne ricordano forse venti, forse cento. E le combinazioni e ricombinazioni non fanno altro che confondere. Se tutti hanno come punti fermi Sogno di una notte di mezza estate, Il vecchio e il mare, I promessi sposi, Le Mille e una notte, Le Nozze di Figaro, Faust, Don Giovanni, Madame Bovary o, più di recente Il Nome della Rosa o Il Codice Da Vinci o L’amica geniale, è chiaro che aspirare a un titolo memorabile come quelli è pura follia. Tuttavia, è per pura follia che si scrive, cosa che tenta di mettere le cose al loro posto.

Non avendo dietro le strategie di comunicazione e marketing delle case editrici, specie quelle importanti, è chiaro che il titolo è una scelta in solitaria. Senza i condizionamenti editoriali, ma anche senza nessun suggeritore. Per dirla come Lino Banfi, sono c. tuoi!

Il mio è un libro di racconti di viaggio, che disegnano viaggi diversi in tempi diversi. Non è un “I Viaggi di ieri”, o un “I Boeing di una volta”, titoli applicabili forse a tempi definiti. 

Il problema principale era far capire subito che si trattava di viaggi senza usare quella parola nel titolo. Questo perché la parola indirizza verso contenuti turistici, o verso una prosa che fa rima con l’insulso “paesaggio mozzafiato”.

Così come ho preparato 54 copertine prima di decidermi, anche i titoli hanno occupato decine e decine di tentativi.

Ho cominciato riprendendo alcuni titoli di capitoli, nella speranza che riuscissero a coprire tutte le storie, ma senza trovare la quadra. Già, perché oltre al legame con il contenuto, un titolo deve rispondere ad altre caratteristiche. Per esempio, non deve riprendere un titolo noto, e non deve farne un gioco di parole, a meno che si tratti di satira. Non deve essere troppo banale, scontato, per non perdersi nei titoli rosa o di pura evasione. Non deve essere pretenzioso, serioso, per non fare la figura del trombone. Deve essere relativamente breve, ricordabile. Deve essere empatico, almeno un po’, ma senza lisciare il pelo al mainstream.

Insomma, è difficile, molto difficile. Certo, direte, come per la cover, ci si può affidare a un professionista editoriale, a un titolista con i titoli giusti. Ma quale padre affiderebbe la scelta del nome del figlio a un signore/a che ha tanti figli?

Alla fine ho scelto una piccola frase che chi viaggia ha sentito migliaia di volte, magari prima della buonanotte: Ti sveglio io, domani. Aggiungendo come sottotitolo: Storie di viaggio, in modo che chi compra possa leggere l’etichetta del prodotto.

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